Esce quest’oggi il nuovo libro di Gabriel Del Sarto (Sonetti bianchi) per la collana phi. Un’opera tra le più rappresentative del poeta toscano. Un insieme di prose e di versi, eccellentemente equilibrati da un accordo tematico, dove si narra delle attese di un padre davanti all’evento eccezionale: la nascita di un proprio figlio. Un dialogo dettato da un senso d’amore che oltrepassa ogni limite affettivo. Un dono elargito al lettore con delicatezza e ritegno.

Affidiamo la nota editoriale all’ottimo Gianluca D’Andrea, che di questo libro è il curatore.

Auguriamo ai nostri amici una buona lettura di alcuni brani che il volume contiene.

Un abbraccio a voi tutti da Gianfranco.


Dopo aver saldato in un canzoniere unico le sue prime tre raccolte (Tenere insieme, Samuele Editore, 2021), Del Sarto con Sonetti bianchi ci introduce a una nuova e significativa tappa del suo cammino poetico. La sua poesia “liminare”, fatta di soglie relazionali, si sposta sempre più verso una volontà, o meglio, un’urgenza di rinascita avvertibile anche su un piano storico-generazionale. Se è vero che, come in molte zone della sua opera emerge, Del Sarto parte sempre da dati concretamente biografici, è allo stesso tempo evidente quanto questa stessa biografia si concentri in maniera nevralgica sui dati salienti della storia da essa attraversata. A tal proposito, si noterà facilmente il filo che lega Il grande innocente (ultima raccolta prima di Sonetti bianchi), a partire dalla figura quasi archetipica del nonno del poeta, a questa raccolta e al suo protagonista, Giona, il più piccolo dei figli di Del Sarto. Il sentiero “familiare” inaugura una vera e propria “vita nuova” (cui viene da pensare anche leggendo le introduzioni in prosa alle tre sezioni del testo), portatrice di un messaggio cosmico che solo l’accoglienza immediata di chi “appare” può sperare di realizzare.

Gianluca D’Andrea


Alcuni testi:

In sala d’attesa riesci a ingannare il tempo solo facendoti del male: vai al distributore automatico del caffè, ne assapori l’acidità, accartocci poi velocemente il bicchierino e consulti qualche sito di informazione medico-scientifica, dove leggi che i risultati delle analisi del sangue vengono confrontati con le informazioni date dalla translucenza nucale e con altre variabili. È dalla combinazione di questi dati che si arriva a individuare i feti a rischio di anomalie cromosomiche. Ti accanisci, cerchi di capire e, soprattutto, memorizzare più dettagli possibile. Fai una pausa e poi decidi di continuare. La parte ecografica dello screening, ora memorizzi, consiste nell’esecuzione di una serie di misurazioni: lunghezza del feto, frequenza cardiaca fetale, spessore della translucenza nucale, valutazione della presenza dell’osso nasale. Grazie all’esame ecografico, inoltre, è possibile studiare tutte le eventuali alterazioni morfologiche individuabili nel primo trimestre, che possono essere mandatarie di anomalie cromosomiche o genetiche.

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Il fiume è molto grande e nessuno

può conoscerlo. Ognuno accoglie

il lembo di terra e di delta, l’ansa,

che può afferrare. Solo le madri

hanno un limite sconosciuto, mani

porose per farsi attraversare

dai figli, dalle correnti enormi

dei cieli, venti cosmici come acque,

occhi fissati nei destini, voci

infine queste voci argentine,

che possiamo soltanto riverire.

Le madri e il fiume. E poi un orizzonte

che non vedremo, oltre le paludi

che ci animano, come oche selvatiche.

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Un pomeriggio, a casa da solo, ho pensato troppo. Cercavo notizie sulle incubatrici, sui bambini più fragili che spesso ne fanno esperienza. È così che ho letto in modo confuso notizie su Anna Smajdor, una ricercatrice in bioetica dell’Università di Oslo, che equipara la gravidanza a una malattia (per essere precisi la paragona al morbillo) e chiede al governo maggiori finanziamenti per poter debellare il parto e promuovere l’ectogenesi. L’uguaglianza dei sessi. La fine dell’età vittoriana. Il lessico per il futuro.

Poi Google mi suggerisce un link alle ricerche del prof. George Mychaliska. La placenta artificiale in grado di mantenere in vita i neonati estremamente prematuri sarà presto realtà. Un tubo endotracheale fisso farà in modo che il feto non inizi a respirare troppo presto e non danneggi i suoi polmoni prematuri.C’è sempre un’idea di bene all’origine.

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Tremerà la morte, si farà pallida

quando nel suo grembo notturno – giorno

splendido e crudele – scivolerà

il tuo nome. Dove sarò, colomba

mia? Se tutto diviene protezione

e scarto dal giorno ovvio, se tutto

chiama a questo essere qui, per te vivo,

corpo e storia, stile perenne, inverno

del secolo – se tutto inizia questo

sorriso prematuro, quale grido

negli orli sentirò del cosmo? Un inno

perso, una musica grande che piega

i calendari, la stringa con dentro

la nostra nascita, il tempo e la luce.

***

(…) È domenica, siamo in quarantena come molti. Santifico la festa con te, figlio balbettante? Per anni mi sono mosso fra piani aziendali e procedure da certificare perché non fossero mai attuate, ma passassero violentemente sopra le teste di chi lavora. Divisioni del lavoro che in realtà sono divisioni delle emozioni e delle identità. Ho prestato così la mia opera, proponendo compromessi al ribasso fra il profitto e l’umanità che chiedeva udienza. Piccoli cenni su un benessere possibile, da immaginare se vi va, per tutti. Una nota di felicità, dicevo. Il capitale, la forza lavoro, qualche dirigente progressista almeno nella vita. Da quando sei nato, quell’equilibrio ha iniziato a incrinarsi. Ho fatto un concorso, ho cominciato a insegnare per potermi permettere di selezionare pochi clienti, i migliori, i più umani. Ho scoperto che non mi basta, Giona. Sento che il crollo finale è vicino. Tratterrò, se vuoi e finché avrò forza, insieme le parti, le forze opposte. Ma non prometto nulla.

Trascendersi è meglio di niente, ma non è come essere trascesi.

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Lo stormo, il flusso nelle forme fredde

che ci chiudono, i punti di luce

nel cielo di notte: dovremmo ogni

giorno pensare alle galassie, ai gas

fra le rocce, l’unione delle coppie

dentro la malinconia dei gameti,

umidi in qualche alba. Come arbusti

marini, caro figlio mio, ignoriamo

le silenziose sinfonie stellari

che ci plasmano, grandiose e lontane,

duplicando cromosomi sul niente

del più piccolo autosoma che segna

te e me, che siamo svegli siamo vivi

e verdi, in una sfera che germoglia.