prefazione di GIORGIO BARBERI SQUAROTTI
Negli ultimi componimenti della nuova raccolta di versi di Arabella Santucci, risento la sua voce di limpido ed appassionato colloquio con Dio nella sequenza dei giorni, come la domanda serena e cordiale di richiesta del senso del tempo e di tutto ciò che contiene in sé, nel caso concreto delle esperienze di bene e di sofferenza che ella ha sperimentato. È un dialogo faccia a faccia, con l’accoramento per la non comprensione di tanti eventi e, quindi, con lo slancio di un’analoga pena, ma anche con la presenza del Dio sorridente, quasi il compagno ed il maestro che accompagna l’Itinerario della giornata, la stagione che è lì presente e viva, e quelle che verranno dopo, uguali e diverse. Ma il libro, per la massima parte, offre una rappresentazione assolutamente originale dello spazio in tanta e singolare idea del tempo: le colline, i vigneti, gli alberi, l’eco del mare appaiono mutevoli e uguali a seconda dell’ora, della stagione, con tante sere, tante notti, tante lune, ma soprattutto con la capacità di trasformare la domanda in futuro, in speranza, in fiducia piena nel ripresentarsi di volta in volta di quei casi che sono la sostanza della vita. Per questo la poesia di Arabella ha una qualità inconfondibile ed irripetibile: paesaggi e visioni del tempo sono, sì, quelli contemplati ed ammirati e vissuti insieme con la persona più cara, ma è come se, riproponendosi ogni giorno ancora, fossero la più sicura garanzia di un affetto che non viene meno, di tante emozioni e passioni dello sguardo e dell’anima che nel futuro continueranno ad essere partecipati. È la più intatta raffigurazione della fiducia nel valore della bellezza del mondo e del ricordo di affetti: strenui e costanti prima, ora e dopo, e l’altissima liricità della parola che pronuncia luoghi, stagioni, è la garanzia indimenticabile che, sì, passano le età della vita, le persone amate, ma tutto questo non è che accidente, e la sostanza è invece la durata della grazia del mondo che ci è stato dato, e allora chi è scomparso materialmente è invece lì, a godere della stessa varietà innumerevole delle cose, della felicità che sono lo splendore della luna, l’acqua che scorre, la pioggia, la siepe, una sera d’inverno, i pini, le foglie pure straziate, il bosco e tante altre grazie dell’esistenza che sono verità. Accanto, c’è l’affetto fedele e sempre commosso e vivo, con l’eco, intorno, della malinconia di ciò che è stato ed è, ma tanta bellezza e tanta vitalità sono la garanzia che nulla mai si perde, nulla è vano, e ogni strazio ha la compensazione della parola che la pronuncia e la rende imperitura. Il ritmo dei versi di Arabella è sempre armonioso e rallentato, come è il trascorrere del tempo, delle stagioni, dei luoghi, delle cose. Siamo di fronte ad una poesia purissima: rendiamole omaggio e condividiamone il messaggio.
POESIE
Di terra in terra
E tu accogli questo vivere
che acerbo ancora assembla
le nostre dolcezze,
che fedele incunea
i nostri sogni insaturi
di vita e di memorie.
Credi nel vento
che foglie nuove raduna,
che piega ed incensa
e a frotte deterge
le viti assolate.
Tu ama sogna vivi,
per chi di stanche lacrime visse
e di mani smaniose.
Di terra in terra
la voce che chiama
può dirsi fanciulla
di talami e volte,
di luoghi e di voci,
se nel parlare sommesso
nuove movenze colmeranno
il tuo volto.
Tu in ascolto sorridi.
***
I carri di settembre
Riudrò le voci del profondo autunno,
i cesti muscosi per i mille sentieri
nei mattini già freddi.
Sarò, sarai, da noi e per noi
tacerà il fianco beato del colle,
nel barlume dei tramonti solitari,
in uno sguardo d’ebrezza e di calore
al cigolio sommesso delle ruote
che la nebbia ora rapina.
Sarò l’otre del vento e della vita,
del santo ambrato calice che
per le valli si raduna
e sui terrazzi.
Sarai la brina che mi commuove,
l’aspro melograno che
incendia gli orti ed i giardini,
il crisantemo docile alla notte.
Torneranno gli antichi fuochi
che mio padre vigilava sottovento
e carezzavano il comignolo già scuro
di legna e di fatica.
Sarai i carri di settembre,
ed il dolce miele della sera,
antico e attento al mio cuore
ed ai tuoi sogni,
fraterno caldo insonne
in un cerchio esile di selve e di sospiri,
sulle soglie della vita e dei tuoi occhi.