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VITTORINO CURCI RECENSISCE “QUEST’ORA DELL’ESTATE” L’ULTIMO LIBRO DI CARLA SARACINO. COLLANA “I CODICI DEL ‘900”.

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CARLA SARACINO TORNA CON VERSI MEDITATI E RARI

RIFLESSIONI SU “QUEST’ORA DELL’ESTATE

ARTICOLO DI VITTORINO CURCI PUBBLICATO SUL QUOTIDIANO LA REPUBBLICA, SEDE DI BARI.

La casa e l’estate. Si sviluppa intorno a queste due polarità il nuovo libro di Carla Saracino. Un’opera densissima, con versi meditati e colmi di tensioni interne. Lo si può già notare nel bellissimo testo d’apertura: “Il tempo declina e la spiaggia nasce sulla pagina. / Vedo le dune approssimarsi al dito che sfoglia. (…) Non si tratta di una casa o dell’estate che affolla i pensieri. / Si tratta di una pena e del suo impossibile. / Del vedere prima di patire. / Si tratta dell’irredimibile”. La poetessa di Maruggio, giunta alla sua quinta pubblicazione poetica (ma ha scritto anche quattro libri per bambini,) conferma tutte le sue qualità già evidenti al suo esordio nel 2007 con I milioni di luoghi pubblicato da LietoColle. Quest’ora dell’estate non è una raccolta di versi, ma un libro di poesia strutturato. I continui richiami tra i vari testi – anche trasvolando da una sezione all’altra del libro – creano riverberi e altri effetti luminosi tra le parole. Una cosa veramente rara ai tempi d’oggi.

Vittorino Curci

UN EVENTO IMPORTANTE: IL 4 GIUGNO PROSSIMO VERRANNO PRESENTATI I LIBRI “MONADE” E “DISAPPARTENENZA”. SARA’ PRESENTE L’AUTORE, INSIEME A MILO DE ANGELIS, LORENZO CHIUCHIU’ E ANDREA LEONE. LUOGO DELL’EVENTO: MILANO, LIBRERIA DI VIA TADINO.

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ALESSANDRA PACELLI SCRIVE UNA NOTA SULL’ULTIMO LIBRO DI GUIDO CASERZA, “MASONITI”. COLLANA “IL LABORATORIO” DIRETTA DA LUCIANO NERI.

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Caserza, classicità in versi furibondi,

recensione di Alessandra Pacelli.

Articolo apparso sul quotidiano Il Mattino

“Strappi di vita a primavera” sono quelli che Guido Caserza racconta in Masoniti (L’arcolaio, pgg. 137, euro 13), sfilacciamenti del vivere che come in un’epica del quotidiano perpetuano classicità di visioni: il topos della notte (“al calar della notte / una nebbia nera con dentro un latrato”), la morte come presa di coscienza (“Morto in un metro quadro / al peggio abituato / col pretesto di vivere / il giogo paterno da spezzare (“il peso del suo / riflesso sui vetri”), le radici che affossano (“Spaventosa stirpe, la casa / si allarga a dismisura, costruita / con pietra scura”), fino al simbolo leopardiano per eccellenza (“Cerca al contrario il senso della ginestra”). Caserza ci sa fare con le parole: la rigira come occorre, le piega e le ‘slimina’, facendone narrazione, sguardi “con gli occhi prestigiati nella polvere”. Eppure la sua è una scrittura furibonda, densa di rabbia, compressa e camuffata nel dire colto, proprio come la fibra di legno pressato della masonite del titolo. Furibondo è il pensiero-bestia che l’autore viene al guinzaglio, addomesticato finché lo si mostra in pubblico ma feroce nella cattività forzata. E l’io poetico, come dice in prefazione Marco berisso “in questi anni così cupi, continua a perseguire.

Alessandra Pacelli