
L’arresto (L’arcolaio), la nuova silloge poetica di Gabriele Gabbia
Nota critica di Piera Maculotti pubblicata su BresciaOggi
Ombre e buio. Al centro un bagliore: un piccolo cerchio di luce. Sembra una lente. Il focus? Un reticolo di sbarre, duro e chiaro, nel cuore del riquadro. È l’eloquente immagine che illustra L’arresto, la nuova silloge poetica di Gabriele Gabbia (L’arcolaio, pp. 55, € 10, e il suggestivo contributo fotografico è di Alessandro Gabbia).
Eleganti strofe essenziali; sapienti versi dai suoni secchi e scabri, mossi da un senso “di perdita e di lutto”; dalla “consapevolezza di una scissione permanente tra il desiderio di infinità e il sentimento di esilio e di estraneità”, come sottolinea Giancarlo Pontiggia nella prefazione.
Chi nasce, muore. Chi vive, se ne va; va via per sempre. Il vivente – si sa – è mortale e L’arresto è certo. Sin dai versi d’apertura – “Defraudato nel corpo” (… e nella mente) – è esplicito il rimando alla “tragicità del vero”: il naufragio è l’ineludibile nostro “avvento”.
Un destino di finitezza, di “caducità esistenziale” sottolineato anche nella postfazione dal poeta e saggista Flavio Ermini (a lui il libro è dedicato)
Un pensiero poetante – quello di Gabriele Gabbia – teso “nell’ausculto dell’andirivieni” dell’umano calvario; un arduo cammino segnato dall’ora della cenere e dalla precarietà (“è dove non sei/ che stai”). Scarti e distacchi, paure e cesure sulle vie che il vento ha divise, tra tante presenze “elise”. Assenze. Vuoto. E sempre – all’orizzonte – “l’eternità aggressiva dei morti”, il duro sonno della fine còlto da uno speciale sguardo che sa fissarsi, saldo, su “la fissità inquieta/ d’un nulla”.
Da lì scaturisce “quel modo/ di star dentro alle cose” del mondo: aria, foglia, ombra… “l’immane/ movimento della vita” che il poeta abbraccia e attraversa con la coscienza che “la bellezza/ non si stringe non si possiede:/ si contempla si contiene si lascia”.
Poiché tutto “tace e scompare”, dice il messaggio nella bottiglia de L’arresto. Ma, poi, molto “riprincipia”; e la poesia di Gabriele Gabbia lo svela e rivela.
Piera Maculotti
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