MARCELLO TOSI, SUL CORRIERE DI ROMAGNA, RECENSISCE
“VARIAZIONI NEL CLIMA” E INTERVISTA L’AUTRICE, CAROLINA CARLONE
Una via alla poesia civile nel ricordo di
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
[ Versi volti «a conoscere, cercare, svelare, raccontare l’ingiustizia e le diseguaglianze» ].
Dalla stanza della poesia (La stanza del tè), alla «costruzione figurativa del sé» (Webcam), fino al nuovo Variazioni nel clima (L’arcolaio editore): Carolina Carlone muove ad indicare nel suo percorso poetico, nel segno del ricordo di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, una via di poesia civile, significativamente aperta dai versi di Euripide sui quali «utili consigli offrire alla città». Poesia volta quindi «a conoscere cercare svelare raccontare, l’ingiustizia, le violenze, le diseguaglianze insopportabili» scrive nella postfazione Mariangela Gritta Grainer, «quello che cercava nel suo lavoro anche Ilaria Alpi».
Il nuovo volume della docente ravennate, con copertina di Roberto Pagnani, comprende anche scritti di vari autori che pongono proprie considerazioni relative al valore anche sociale rivestito dal ricordo della tragica vicenda dell’uccisione della reporter.
«C’è in questa davvero intensa e forte raccolta poetica – scrive Luciano Benini Sforza – la dolorosa consapevolezza di un mondo globalmente diviso, esploso, frantumato esattamente come i suoi testi: per le guerre, i conflitti, gli episodi di sangue che da tempo segnano la storia globalizzata perché ormai un ovunque un impetuoso «vento fossile / scioglie il respiro che ci tiene insieme» (Variazioni nel clima); perché non c’è una mutazione semplice o di poco peso negli eventi, ma qualcosa di enorme «che ci ansima addosso» (Lungo i tornanti)».
Carlone, cosa descrivono questi «percorsi di verità» per Ilaria Alpi e Miran Hrovatin?
«La poesia è stata sempre per me uno strumento di ricerca, di indagine. L’altro ci interroga, ci pone questioni, ci chiede di schierarci, ci sfida alla relazione e a una comprensione più ampia. Raccolte come “Col passo degli esuli”, “Ponti mobili” e “Alessandro speaks” sono nate proprio da questa necessità di entrare in relazione di senso con gli altri, con ciò che ci circonda e con quanto accade sotto i nostri occhi. Questo continuo bisogno di interrogarsi sul nostro tempo, sulle modalità del nostro vivere contemporaneo, sono spinte fortissime che mi appartengono da sempre. Ilaria e Miran sintetizzano in loro stessi, questa mia idealità, questa spinta alla ricerca della verità. Sono esempi emblematici del vero reporter, un’immagine ricorrente in questa mia raccolta. Sento grande vicinanza con la loro modalità ricercante, ma anche con Euripide, che, per la sua comunità, per la sua polis, aveva un approccio critico e costruttivo simile».
Poesia che si fa strumento «per percuotere l’oblio», sottolinea Nevio Casadio. E in questa raccolta si parla di gaza, di Palmira e Aleppo, di migranti…
«Sono echi delle vicende più tragiche e disumane degli ultimi dieci anni, che mi hanno dolorosamente colpito e attraversato… Credo che un poeta debba mettere da parte il più possibile se stesso, svuotarsi, divenire sempre più cassa di risonanza che si fa attraversare dai segnali, dai disturbi, dalle luci del nostro vivere post-moderno e “liquido” (per dirla con Bauman), facendoli affiorare, emergere dal silenzio distratto e colpevole dei nostri giorni. Non a caso, il titolo dell’ultima sezione, “Lettere e bellezze di ultima istanza”, contiene un riferimento militare: quello alle missive per i sommergibili con gli ordini estremi in caso di attacco atomico. Ho voluto abbinarlo a un preciso riferimento alla bellezza… perché nel mondo, anche semplicemente nella natura, di bellezza, capace di portare salvezza, ce n’è tanta».
Marcello Tosi
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