DALLA PREFAZIONE DI SOFIA NANNINI

 

L’emergenza, la gioia, la notte; ovvero il reale, il difficile, il silenzio – di questo narrano le poesie di Maurizio Bacchilega, che dopo otto anni dalla sua prima opera (Paesaggi del mondo e dell’anima, L’arcolaio, 2010), sceglie di «tornare a pensare» at- traverso l’inchiostro. Bacchilega torna quindi a scrivere poesie, o meglio: torna a raccoglierle, catalogarle, darne un senso. Non ha mai interrotto lo scrivere, infatti, questo silenzioso poeta del quotidiano, e dalle sue poesie si può tracciare una narrazione degli eventi e dei pensieri sull’ordinario (o su quello che Georges Perec chiamava «infraordinario», che spesso è proprio lo straordinario), in grado di abbracciare un arco temporale di numerosi anni.

La catalogazione dei versi è netta e trasparente: riflette la «chiarezza» e la «semplicità» leopardiane che Bacchilega stesso ricerca:

(…)

La notte è la parentesi in cui gli oggetti si animano e «un tavolo / con sei sedie intorno / aspetta che arrivino le persone». Nelle poesie di Bacchilega, un ruolo speciale è riservato agli oggetti (quasi objets à réaction poétique, come direbbe Le Corbusier): parlano diversamente dagli uomini e dicono meglio, dicono sincero e cristallino; tranne la tele-visione, «oppio» troppo rumoroso, che «ha preso il posto di mille racconti» e che dovremmo avere il coraggio di spegnere. Tuttavia, anche se la televisione è spenta e la notte silenziosa, non è uno scrivere solitario quello del poeta, poiché le sue pagine sono intrise di letture e ideali corrispondenze con chi ha narrato prima di noi. Come poesie a sé stanti, la raccolta è un arcipelago di gentili dediche e precise citazioni, per dimostrare che Dostoevskij, Musil, Kafka, Caproni, Pasolini (e tanti altri) raccontano verità più vere della cronaca del telegiornale.

(SEGUE)

 

ALCUNI TESTI:

 

Verso nuove schiavitù

 

Operai, come cani alla catena

di montaggio:

dovete solo ringraziare

di lavorare ancora

(anestetizzati di TV)

e soprattutto stare in silenzio,

che in Serbia lavorano per la metà,

in Romania prendono ancor meno

in Cina dieci volte meno

in Bangladesh quasi nulla.

 

Imprenditori globali di noi stessi

ciechi come il PIL corriamo

verso nuove schiavitù.

 

Torniamo, progredendo,

indietro di secoli

pensando sia l’unico

percorso possibile.

 

Moriremo di profitti.

 

***

                                                                         Siamo troppo attaccati alla nostra vita
                                                                         e troppo poco attaccati
                                                                        alla nostra dignità.
                                                                        Gherardo Colombo

 

La distinzione tra pubblico e privato

questa sciagura

questo baco che abbiamo nella testa

ci distruggerà

se non avremo la forza di abbatterla,

di cambiare pensiero.

 

***

Non si placa, quel cane.

Abbaia senza sosta nella notte

dice la sua inquietudine

senza motivo

disturba forse

ma non certo me,

che gli sono vicino,

nel silenzio, in lontananza

che una comune angoscia ci tiene svegli

e ci tormenta

e si scioglie adesso in queste parole

che nel buio incontrollate sgorgano,

come quel suo abbaiare.