L’INTERVISTA.

DANIELE SERAFINI – POETA E TRADUTTORE

“LE RADICI E L’ALTROVE”

UN VIAGGIO POETICO TRA MEMORIA E PAESAGGIO

ARTICOLO SCRITTO DA MARCELLO TOSI

APPARSO IL 19 APRILE SU IL CORRIERE DI ROMAGNA

 

Recentemente tradotta da Willem M. Roggeman e in uscita nei prossimi mesi in Belgio e in Olanda col titolo di “Sterrenstof” (“Polvere di stelle”), la poesia di Daniele Serafini appare sempre più intrisa di paesaggio e memoria, in un rapporto dialettico con il tema del viaggio e dell’esplorazione: Recente anche la pubblicazione da parte della casa editrice L’Arcolaio della raccolta “Tra le radici e l’altrove. Poesie 1986-2016”, che racchiude una scelta di testi dalle opere precedenti: da “Paesaggio celtico” (1993), a “Quando eravamo re” (2012). Con l’inedito “Polvere di stelle”, suite poetica in 12 movimenti.

Direttore della Casa Museo Baracca, poeta e traduttore di poesia dall’inglese e dal francese, Serafini è stato a lungo redattore delle riviste di poesia e arti visive Tratti e Origini. Tra i riconoscimenti, la segnalazione di merito al Premio internazionale Eugenio Montale 1998.

Serafini, perché questa dualità tra “Le radici e l’altrove?”

L’Altrove, nella mia visione, estranea a rimandi di carattere religioso e metafisico, è lo slancio verso l’esplorazione e L’ignoto; è la ricerca, l’errare del viandante di romantica memoria, è l’Ulisse che dimora in ciascuno di noi. Il “tra” del titolo sta a  una ricerca di armonia, di non conflittualità all’interno della dualità a cu si fa riferimento.

Ha sottolineato come un rammarico il non avere appreso la lingua friulana materna con “quella cadenza antica / di gestire parole” della lingua cantata da Pier Paolo Pasolini in “Poesie a Casarsa”

“La lingua è radice per eccellenza e quella materna in modo particolare: è il primo incontro tra linguaggio e trama affettiva e la si vorrebbe riproporre come sanno fare i miei amici poeti dialettali, da Giuseppe Bellosi e Nevio Spadoni, senza dimenticare Giovanni Nadiani cui l’antologia è dedicata”.

In quale maniera la ricerca della musicalità caratterizza parte della sua produzione poetica?

“In misura preponderante. Paul Valéry parlava della poesia come di ‘un’esitazione prolungata tra il suono e il significato’. Nella mia produzione la ricerca della musicalità del verso è prioritaria, specie nelle prime raccolte, composte come partiture musicali”.

Ha definito un paesaggio come quello vallivo, descritto in “Quando eravamo re”, come “un cosmo carico di mistero e tracce domestiche dove è riconoscibile la nostra materia emotiva”.

“I paesaggi del nostro vivere, quelli fecondati dal nostro vissuto, sono come un sillabario, lo specchio emotivo delle nostre esperienze. Da Leopardi e Montale, da Dylan Thomas a Eliot, il paesaggio è sempre presente. È una forma di rispecchiamento e ogni poeta evoca il suo”.

MARCELLO TOSI

 

 

Intervista tratta dal quotidiano CORRIERE DI ROMAGNA del 19 aprile 2017.