la traccia

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IL CORRIERE DI RIMINI E SAN MARINO

L’INTERVISTA

EUGENIO VITALI, UNA “TRACCIA” IMPERITURA.

Il poeta ravennate pubblica per l’arcolaio

una nuova raccolta introdotta da Davide Rondoni.

ARTICOLO DI Salvatore Barbieri

Ravenna. Con un’intensa introduzione di Rondoni, è in libreria la nuova raccolta di Eugenio Vitali. Tra ricordi e prospettive. E in appendice alcune acute pagine di aforismi.

E’ una “traccia” che si dipana lunghissima quella che dà al titolo alla nuova raccolta del poeta ravennate Eugenio Vitali, uscita in questi giorni per i tipi de L’Arcolaio di Forlì con una copertina di pregio illustrata da Roberto Pagnani e un’acuta appendice di aforismi. Vitali si concede al lettore a piccole dosi. Nel 2010 era apparso un suo mirabile su L’Almanacco dello Specchio per Mondadori, mentre è del 2012 il libro  “Le sabbie del sole”.

In questa nuova raccolta il poeta ripercorre il senso della vita, dall’oro del grano nelle estati della giovinezza (“A sera conclusa, / la casa / diventava suono / nell’aia. / Ci appoggiavamo / su panche di vento, /mia madre un libro di favole, / sul suo volto un’ombra / lasciata intattadal sole”) fino alla consapevolezza della traiettoria finale (“Fu un attimo. / Caddi da un tetto (…) I ricordi / avevano dimenticato i cammini”).

Dice bene su “La traccia” un altro grande poeta, Davide Rondoni che del libro firma l’introduzione: in Vitali “c’è una energia non alternativa e non di segno opposto, di certo non egocentrica, ma attenta a considerare il grande mistero dell’ “io”. Dell’uomo che pronuncia “io” nell’universo e si rende cosciente di una differenza vertiginosa e misteriosa. Una identità e alterità sperimentale secondo quello che ha scritto il genio di Charleville, Arthur Rimbaud, che gridò al centro della poesia moderna, sconfiggendoneogni sicumera espressionista, egoista e avanguardista di bassa lega: “J’est un autre” – io è un altro (…)”.

Vitali, quanto di autobiografico ritroviamo ne “La Traccia”?

“Parlerei di autobiografia universale. I temi sono a tratti autobiografici, certo. Ma narrati per essere colti come personali da ogni lettore. Montale diceva che tutto quello che può fare un poeta è scrivere, poi la sua poesia non gli appartiene più”.

Eugenio Vitali è in effetti poeta di lungo corso, negli anni ’70 sorprese l’Europa con il “Libro d’affissione”, manifesti giganti di poesie sui muri delle città italiane, dal Veneto alla Sicilia. Classe ’34, dodici raccolte alle spalle, premi come il Dino Campana e il Moncalieri, liriche pubblicate in Francia, Germania e Polonia, e un’intera silloge tradotta nel 2016 nella Repubblica Ceca da Zdenek Frybort – l’indimenticabile traduttore del “Il nome della rosa” di Eco.

“Nella mente un angelo di vetro, / l’universo ti imitava”: inizia così la poesia che lei dedica proprio a Frybort in questo libro.

“Frybort è stato un amico vero. Ci ha lasciati e ci manca. Amava l’Italia e Bocca di Magra dove aveva trascorso lunghi periodi con Einaudi, Fortini. Sereni in quell’angolo di Paese che negli anni Settanta pulsava di cultura. E veniva spesso a Ravenna dove aveva incontrato quella che sarebbe diventata la sua compagna di una vita”.

C’è, in effetti, ne la “Traccia”, più di qualche poesia dedicata agli affetti perduti, per lei amici prima ancora che scrittori, come quella per Roberto Roversi (“Sapevi vestire / di un solo colore le bandiere”) o quella per Maria Luisa Spaziani.

“Sono assenze che pesano a me e al nostro Paese. Del resto, con gli anni, inevitabilmente la poesia della “memoria” si allunga. Ma la “La traccia” guarda soprattutto avanti, come nella poesia dedicata alle mie nipoti, Lucia e Serena, o in quella per l’amico e poeta Nevio Spadoni”.

Ravennate anche Spadoni, in effetti Ravenna nei suoi libri non manca mai…

“Non può mancare. E’ gli anni che ho sulle mani”.

Uno dei versi dedicati alla sua città in questo libro?”.

“E la nebbia su Ravenna / si attarda / rateizzando la vita”).

A concludere “La traccia”, una raccolta di aforismi, ce ne citi uno.

“Il viaggio è l’alibi per potersi attendere”.