anastasisANÀSTASYS, LA PASQUA IN VERSI DI SPADONILOGO ARCOLAIO

Di Giovanni Zaccherini (sul quoti diano LA VOCE, del giorno 31 marzo, s. Pasqua)

Anàstasys: risveglio, resurrezione: questo il regalo e l’invito che Nevio Spadoni ci fa dai versi dell’omonima composizione appena pubblicata da L’arcolaio e che sarà rappresentata con accompagnamento di voci e strumenti il 4 aprile alle 17 presso il Teatro dell’Opera S. Teresa.

Si tratta di una sorta di opera sacra tripartita, dove il misticismo si intreccia con l’impegno, la disperazione con la gioia, i testi sacri con l’attualità.

La prima parte, come nota uno dei nostri più esperti critici letterari, Giorgio Bárberi Squarotti, rievoca le laudi di Jacopone da Todi, il grande mistico trecentesco perseguitato e incarcerato da papa Bonifacio VIII.

Ma questa consonanza spirituale è poi trasfigurata e inverata in un “verso brevissimo, per lo più costruito da un unico termine per questo sempre rivelato e incisivo, nell’assoluto distacco della liricità e dell’esaltazione, dall’enfasi, dal racconto…”, “Figlio amoroso / rinnegato / tradito / abbandonato / venduto / schiaffeggiato / flagellato. / Figlio / radice di Jesse, / i tuoi seguaci / i tuoi amici / hanno mangiato con te, / dove sono? // Solo / nel suo strazio / con la sua morte, / e là, pure solo, / l’impiccato! / Ti ha consegnato / nella tenebra della notte / disperato, / anche lui figlio di madre!! // …”.

La seconda parte ci trasferisce dalla Galilea al continente africano in uno scenario di miseria e degradazione, dove le antiche consuetudini tribali si fondono con lo sfruttamento postcoloniale in una miscela mortifera che colpisce soprattutto le donne, / cose tra le cose: / ubbidire / tacere / subire / lavorare / figliare / pronte / per il capriccio del maschio./

Mio deserto / hai raccolto / lo strazio / di tante / come me disperate / prede / dell’egoismo / del pregiudizio / di costumi feroci, / assurdi. / Deserto, / hai raccolto lacrime / innocenti e pure, / crescono fiori / tra i tuoi palmeti / concimati da preghiere di sangue / …”.

Questo violento e violato grido di dolore sembra proprio, come scrive il teologo Eberhard Bons nella postfazione, la dolorosa conferma di quel silenzio, di quell’assenza di Dio che già denunciavano le Ecclesiaste; “Eccole le lacrime degli oppressi, e non c’è chi le consoli”, ma la religione non può, non deve essere attesa passiva di un intervento divino riparatorio o consolatorio, “La speranza dell’anàstasys del Cristo non spinge a stare a guardare il corso degli eventi in modo indifferente o inerte…”.

Allora, il risveglio, la resurrezione sarà un tripudio di speranza e di azione, come nella parte conclusiva, anche celebrazione, nella primavera, di una rinascita della natura, dove mitologia pagana e cristiana si fondono: “ Oggi / le uova si schiudono, / nel palazzo / tutto si è fermato. / L’acqua / sgambetta il sole, / la casa diroccata / è in piedi, / i ciechi vedono / sorgono i morti / tombe scoperchiate, / balzano / fuori dall’acqua / i pesci. / Tutto rifiorisce: / bellezze di ogni sorta / mulinano, / soffi d’aria / vestite di cera d’api…”

Ma non basta, e nel coro finale ecco l’impegno supremo che l’anàstasys farà scaturire: “Mondate la terra / ripulitela: / putridi acquitrini / strade melmose / il mare rigurgita / scheletrite le foreste. / Tergete quest’aria, / nettate / la terra / cancrena di odio / egoismo / vendetta / ingiustizia / sfruttamento; / liberatela / da violenze / guerre / miseria / fame / ignoranza / pregiudizio / adulterio potere. // … Anàstasys! / Christòs Anèsti! / Alithòs Anèsti! / Christòs Anèsti! / Cristo è risorto! / È veramente risolto!”.

GIOVANNI ZACCHERINI